Come si produce il pellet? Questa è proprio una bella domanda. Quantomeno per una persona che vive in Italia, dato che è il primo Paese europeo per numero di apparecchi domestici a pellet installati: circa 2,2 milioni. Di questi, il 95% è fatto di stufe, caldaie, camini e cucine con potenza inferiore ai 35 kW e solo l’1% da caldaie con potenza superiore.

 

Secondo il rapporto statistico 2022 “Il legno nel riscaldamento domestico e commerciale” pubblicato dall’Associazione Italiana Energie Agroforestali, inoltre, l’energia termica prodotta dalla legna da ardere e dal pellet rappresenta la prima fonte green nel nostro Paese, con un consumo di circa 7,53 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio).

 

Lo studio evidenzia come il consumo di pellet sia aumentato (anche) in relazione al numero di generatori di calore a biomasse installati: dal 2010 al 2021, infatti, le stufe a pellet a uso domestico sono passate dal 6% al 21%.

 

Andiamo a conoscere meglio, dunque, questo piccolo e ormai famosissimo combustibile.

 

Che cos’è il pellet?

 

Con il termine pellet si indica, generalmente, del materiale pulverulento essiccato e pressato sotto forma di cilindretti. Questa materiale proviene spesso dagli scarti della lavorazione del legno (come la segatura) e viene utilizzato sia per il riscaldamento domestico sia per centrali termoelettriche e caldaie di grandi dimensioni.

 

È un prodotto economico, poco ingombrante e dall’alta resa.

 

Vediamo come viene prodotto.

 

Come si produce il pellet?

 

Il processo di produzione del pellet è diviso in più fasi:

 

  • reperimento;
  • essiccazione e pulizia;
  • pellettizzazione;
  • taglio;
  • confezionamento.

 

  1. Come si fa il pellet: reperimento della materia prima

    Il processo di produzione del pellet comincia generalmente dalla legna (ma non solo e questo lo scopriremo qualche riga più giù). Parliamo di scarti della lavorazione del legno come segatura, trucioli da lavorazione o rami ricavati dalla potatura.

  2. Come si fa il pellet: l’essicazione e la pulizia dalle impurità

    L’essicazione e la pulizia dalle impurità permette di ottimizzare la materia prima, donandole una qualità e una umidità residua (inferiore al 10%) ben definite.

  3. Come si fa il pellet: come funziona la pellettatrice

    La pellettizzazione della materia prima avviene attraverso una macchina, la pellettatrice, che schiaccia il materiale essiccato e lo fa passare all’interno di fori caldissimi, dal diametro compreso tra i 6 e gli 8 mm.

  4. Come si fa il pellet: il taglio della pasta

    Questo particolare procedimento conferisce al pellet il famoso aspetto “a cilindretto”

  5. Come si fa il pellet: confezionamento

    Una volta ottenuto il pellet, il combustibile viene confezionato in sacchi da 15-25 Kg e Big Bag da 700-1000 Kg.

 

Dove si produce pellet in Italia?

 

Nonostante la richiesta elevata, non esistono molti produttori di pellet in Italia. Anzi davvero pochissimi, per lo più concentrati nel nord-est e nel centro del Paese. 

 

Perché in Italia non si produce pellet? Semplice: qui la manodopera costa troppo. Si preferisce dunque, l’importazione da paesi come la Bulgaria e la Romania. Anche l’Ucraina era uno dei maggiori esportatori di pellet nel Bel Paese, prima che scoppiasse la guerra con la Russia. 

 

Qual è il pellet migliore?

 

Un pellet di qualità deve avere queste caratteristiche:

 

  • un potere calorifico che si aggiri intorno ai 4,5 – 5 kWh/Kg;
  • la percentuale di residuo fisso sempre inferiore all’1%;
  • il tasso di umidità inferiore al 10%;
  • gli estremi della certificazione di qualità sull’etichetta

 

Il potere calorifico è l’energia che si ricava bruciando il pellet. In genere, più è basso e minore sarà il calore prodotto.

 

Quando, invece, parliamo di residuo fisso intendiamo la sporcizia che si crea all’interno della stufa. Un pellet di bassa qualità ne può produrre una quantità tale da intasare il braciere, rendendo molto più faticosa la pulizia ordinaria.

 

Più è umido il pellet, inoltre, e minore sarà il suo potere calorifico. Un pellet umido è un pellet di bassa qualità, probabilmente ricco di resine che si attaccheranno alle pareti della stufa, rovinandola.

 

Infine, la certificazione. Quella più diffusa in Italia è la ENPlus, che valuta gli standard qualitativi lungo tutta la filiera del pellet, dalla provenienza del legno fino alla distribuzione finale.

 

Che legno ci vuole per fare il pellet?

 

Che legno si usa per fare il pellet? Convenzionalmente:

 

  • Abete;
  • Faggio;
  • Un misto di abete e faggio;
  • Conifere (abete e pino);
  • Castagno;
  • Misto;

 

Ma non esiste solo il pellet di legno: le materie prime che possono generare biomassa combustibile sono tante.

 

Gli Agripellet

 

Cosa sono gli Agripellet? Sottoprodotti di origine agricola e agroindustriale, puri o miscelati. Non rappresentano ancora una alternativa valida al pellet tradizionale, ma il loro utilizzo, anche in Italia, si sta diffondendo.

 

Parliamo, per esempio, di pellet di sansa, girasole, mais e paglia.

 

Pellet di sansa

 

Il pellet di sansa è un ottimo combustibile. Può essere utilizzato per impianti domestici così come impianti di grandi dimensioni, quali centrali elettriche e cementifici. Ha un potere termico pari al pellet tradizionale e costa anche molto meno.

 

La reperibilità, tuttavia, è ridotta e il pellet ottenuto dalla sola sansa purtroppo non rientra nei parametri della normativa europea UNI 17225-6. Nei sacchi, quindi, troverai sempre un biocombustibile ottenuto mischiando sansa e altri residui.

 

Pellet di girasole

 

Anche il pellet di girasole è un biocombustibile dalle grandi potenzialità. Ha un’umidità media inferiore all’8%, un potere calorifico che si aggira intorno ai 4,5 kW/Kg, una produzione di CO2 pari quasi allo zero e un costo in media del 30% inferiore rispetto al pellet di legno.

 

Gli svantaggi? Le ceneri residue sono troppe, è molto difficile da trovare e i soli impianti che sono capaci di gestire l’alta produzione di cenere sono solo quelli più moderni.

 

Pellet di mais

 

Ottimo sostituto del pellet di legno, il pellet di mais ha chicchi molto compatti e omogenei e può essere lavorato allo stesso modo di quello legnoso.

 

Esistono delle vere e proprie stufe a mais per sfruttare al massimo la grande quantità di calore generata da questo biocombustibile. La resa termica è dell’80%.

 

Bruciare un prodotto destinato all’alimentazione per produrre energia, tuttavia, attira molte discussioni e aspre critiche.

 

Pellet di paglia

 

Uno dei grandi vantaggi del pellet di paglia è il suo prezzo, molto conveniente rispetto a quello legnoso. È, inoltre, un biocombustibile che brucia facilmente e riscalda ottimamente.

 

Ma gli svantaggi non sono da meno, primi fra tutti quelli di trasporto (a causa del suo volume elevato e del suo peso molto basso) e della quantità di residui di cenere, difficilmente gestibile anche dagli impianti più moderni.